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Poffabro (Frisanco) PN, 18 Maggio 2003

Poffabro ha un nome famoso!
Quel corso storico nero: guerre, invasioni e conseguenze, è già dimenticato. Il paesino sperduto, sconosciuto, destinato a scomparire come tanti borghi montani perché i loro abitanti sono sparsi ovunque nel mondo causa la terra avara, è rinato! Ora vive i suoi anni di. gloria: ha il vanto di essere scelto, classificato tra i trenta borghi più belli d'Italia. Le vecchie pietre enormi, salde, ornamentali delle antiche case, sembrano presentarsi e dire: "SIAMO VIVE! Conserviamo il ricordo di tanta gente vissuta con noi, custodiamo la loro cultura, storie belle e brutte, tradizioni di decenni e decenni. Sono un accumulo di cose le une sopra le altre, raccolte in silenzio; nascondiamo, per modestia, quel passato di gente laboriosa adattata ad ogni situazione con tanta fede e rassegnazione". Non c'è più silenzio nelle sue stradine lastricate, in mezzo a quell'intreccio di case, ma un vocio gioioso di meraviglia. Se quei ballatoi di legno di castagno, vedendo gli occhi dei visitatori alzarsi e sorridere con compiacenza e cortesia, potessero parlare direbbero: "BENVENUTI! Sì siamo unici al mondo, costruiti dall'esigenza, scaturiti dall'intelligenza dei nostri figli. Tanti sono passati, tanti sono ancora vivi, ma si ricordano di noi". Poffabro ha qualità impagabili, rimasto intatto con i suoi pochissimi veri poffabrini, ma ripopolato da altra gente, degna della sua bellezza, attirata dal suo fascino. E la notte dei Santi, cioè il primo novembre, non ha più solo le anime dei suoi tanti defunti, che accompagnati dalla processione dal cimitero alle proprie case, dove han trovato una pulizia accurata ed i secchi pieni d'acqua come voleva la tradizione antichissima e conservata fino ad oggi: ha anche persone vive che gli danno vita. Viene ammirato in ogni suo angolo e tutti apprezzano quella Chiesa addossata alla montagna in cima all'enorme gradinata. Pensano sì ai sacrifici enormi a costruirla, ma in modo particolare al senso del bello posseduto dalla sua gente, alla sua fede, al dovere di dare a Dio ciò che è di migliore, nonostante le loro ristrettezze. Poffabro è giudicato un presepio incastonato come pietra preziosa tra le rocce del suo Raut e da qualche anno lo hanno adornato di tanti presepi. Ogni buco, ogni finestrella ne conteneva uno. Anche quest'anno, Natale 2002, il numero è stato di 90, presepi grandi e minuscoli, uno diverso dall'altro. La fantasia dei compositori si è sbizzarrita in modo incredibile, ha dimostrato buon gusto, senso della creatività, gioia di lavorare e amore per il paese. In Chiesa, due per ogni altare, hanno attirato tanta gente dopo la visita a quelli del paese. I lumini accesi hanno supplito all'energia elettrica per il grande numero. Poffabro ha interamente cambiato volto! Un grazie infinito a tutti i collaboratori. Io sono una sua figlia e... ti voglio bene paese mio! (Angelina Tramontina)


CAMPANE

 Immagini e suoni ripresi prima e durante la Santa Messa

CANTI

Il busto dedicato a Bepi Titin, per tanti anni campanaro a Poffabro.
In questo stesso sito, abbiamo dedicato una pagina...

Piace a tutti il paese di Poffabro:
"Presepe tra i presepi"

Cinquantamila visitatori in pochi giorni: c'è chi azzarda questa cifra per l'edizione 2002/03 di "Poffabro presepe tra i presepi", entrata così di diritto tra le manifestazioni natalizie di punta di tutta la regione. Un numero elevatissimo per un paese di circa duecento anime, un esito positivo come mai era successo neanche nelle più fortunate edizioni di Paesi Aperti -il gemellaggio culturale e gastronomico tra i Comuni di Frisanco e di Andreis che si tiene la prima domenica di settembre- raggiunto a colpi di diecimila visitatori al giorno il 26 e 28 dicembre e il 1, il 5 e 6 gennaio. Organizzatori in visibilio, dunque, che si vedono piacevolmente "costretti" a rimandarne la chiusura a sabato 18, giorno in cui saranno anche consegnati gli attestati a chi ha allestito le quasi novanta composizioni natalizie. Soddisfatti anche gli abitanti, che vedono così un lungamente atteso riconoscimento delle bellezze dell'antico borgo, letteralmente invaso nei giorni a cavallo del Natale da una folla numerosissima, che si è sparsa tra le viuzze del paese dal mattino fino alla sera più inoltrata, quando gli ottantacinque presepi illuminati esposti nelle antiche corti godono di una ancor maggiore speciale magia. Nulla è riuscito a fermare i turisti, nemmeno la distanza fra le vie dei presepi e i parcheggi: invasi fino dal primo pomeriggio quelli del centro, tutti si sono adattati di buon grado a lasciare l'auto lungo la strada del campo sportivo e le vie Bertoli e Maniago (addirittura fino a Frisanco e alla località Colvere) "scarpinando" volentieri - visto anche il clima favorevole - fino al cuore dell'antico paese. Del resto lo spettacolo ne vale la pena: i presepi cambiano, infatti, di anno in anno e alle composizioni tradizionali in terracotta o legno se ne affiancano altre con ambientazioni locali o fantasiose di grande effetto. Senza contare poi che ora a Poffabro gode di una "qualifica" speciale: l'ingresso nella rosa sceltissima dei "Più bei borghi d'Italia", le trenta perle della Penisola selezionate da una speciale commissione e vale quindi comunque una visita. (Anna Vallerugo)

CHIESA S.NICOLO' - S. Nicolò a Poffabro è prima di tutto un "segno", la traccia di un'innegabile e forte fede: le sue dimensioni, anomale rispetto a quelle del resto degli edifici del paese e la maestosa facciata bianca sormontata da un mosaico che raffigura il santo patrono, parlano di centinaia di fedeli che la frequentavano con assiduità. Fortunatamente l'archivio parrocchiale è ricco di libri di spese e rendiconti che ne rendono facile la datazione. Nel secolo XIV già esisteva un piccolo edificio, costruito a detta dei camerari sopra un analogo luogo di culto preesistente. Il sito, sopraelevato rispetto alla piazza, era stato dunque scelto fin dalla nascita del primo nucleo abitativo di Poffabro: e ciò è testimoniato anche dal ritrovamento di scheletri sotto al pavimento della chiesa, probabilmente i resti dei primi sacerdoti che l'ebbero in cura. Nell'archivio vescovile di Concordia, poi, si conserva un documento che narra della visita del Vescovo il 18 settembre 1587 alla chiesa di "S.ti Nicolai di villa Pofavru", all'epoca ancora sotto la pieve maniaghese (da cui si separò nel 1663). Della visita rimangono gli "ordini" che il presule impartì: l'ampliamento dell'altare e delle chiese, l'imbiancatura dell'edificio, la necessità di maggiore illuminazione. La fisionomia attuale della chiesa si delineò già a fine Seicento, ma fu spesso oggetto di restauri e rifacimenti riportati con la massima precisione nei registri, a causa di frequenti scosse di "taramoto". Da Concordia giunsero anche calici, lampade e perfino collane in vetro per la Madonna, che andarono ad aggiungersi agli sforzi sostenuti dalla popolazione che si autotassò per l'acquisto degli arredi e paramenti. Grandi nomi della pittura e dell'architettura diedero, in tempi diversi, il loro contributo: la portella del tabernacolo fu dipinta nientemeno che da Gian Antonio Guardi (ora è conservata nel museo della curia a Concordia), della facciata se ne occuparono i famosi architetti Raimondo e Girolamo D'Aronco e buona parte delle straordinarie sculture in legno si devono a Giacomo Marizza, poliedrico artista locale, celebrato anche da Armando Pizzinato in un suo volume fotografico "Poffabro luogo magico".

Paffabro – La Torre
Il campanile di Poffabro non è tutta opera dei suoi abitanti. Dagli antichi avi sappiamo solo che la grossa costruzione terminava a forma di piramide e ad un certo punto troncata da un tremendo terremoto. Dall'archivio parrocchiale abbiamo trovato registrato un forte terremoto chiamato di S. Pietro perché accaduto il 29 giugno 1873. La piramide non è stata più rifatta. La signora Bruna Moras, residente a Porcia, ma originaria poffabrina, ci ha fatto avere, gentilmente, fotocopia della mappa del Friuli occidentale. Su questa è segnato Poffabro con una torre e dalle ricerche di Tito Miotti su "Castelli del Friuli, volume 4: Feudi e Giurisdizione del Friuli occidentale" abbiamo la conferma. Ringraziando la signora Bruna trasmettiamo le ricerche del signor Miotti su ciò che è di nostro, arricchendo la nostra cultura e storia. Le torri servivano a comunicare con i castelli mediante segnali di fumo e venivano costruite in luoghi secondo la visuale della curva delle montagne. La nostra era in via diretta con il castello di Meduno, Toppo, Travesto, lungo la pedemontana. Da una supplica inviata a Venezia tramite il luogotenente di Udine, da parte dei nostri antenati, datata 1597 per essere considerati sugli aggravi fiscali, si legge sui fogli stampati dei vecchi libri: "Comun di Frisanco" "...Siamo sottoposti alla custodia con la propria vita dai passi e confini di queste montagne siccome abbiamo fatto al tempo di guerra..." Ecco il perché della torre, doveva essere il posto di segnalazione in caso di pericolo.
Non ci è stato possibile identificare una conta, ma riteniamo che il campanile della parrocchiale dedicata a San Nicolo, asimmetrico rispetto al luogo di culto e da esso staccato, sia sorto come torre di vedetta. Ha mura con spessore di mt. 1,30 alla base, è costruito con belle pietre squadrate e corsale, è alto una ventina di metri ed è evidente che la cella campanaria gli è stata sovrapposta, forse nel secolo XVII ma non prima. Ha forma quadrata e la scarpatura alla base porta ciascun lato a mt. 6,40. L'altissima muraglia, che sostiene il terrapieno su tre lati dell'attuale chiesa è, a nostro avviso, molto più antica della chiesa stessa; per realizzare il piano delimitato dalla muraglia, dati i mezzi del tempo, deve essere stato compiuto un lavoro enorme. Da un cunicolo esistente alla base della muraglia risulta che il suo spessore si avvicina ai 2 mt. Resta per noi un mistero il motivo di un simile sbancamento di terreno quando la chiesa poteva venire costruita in altra sede con lavoro molto meno impegnativo. Ne vi è da pensare che qui vi fosse una centa perché su tre lati era indifendibile. (A.T.)

Quando la cultura era privilegio di pochi.
Era circa il 1200 quando i poveri pastori scesero dalla Carnia fino a Frisanco in cerca di pascoli meno sfruttati. Nomadi, possedevano solo quel piccolo gregge che trasferivano da un posto all’altro.
Avevano un nome, non il cognome, ed erano riconosciuti dai loro simili solo perché figli di un tale. Inutile dire che il leggere e lo scrivere per questa gente era una cosa grande, quasi impossibile. La cultura esisteva solo nelle case dei nobili, e solo essi avevano i figli o preti o notai. Dobbiamo proprio ai prelati se sui loro libri troviamo i nomi, le radici dei nostri trisavoli. i nobili dell'epoca parlavano e scrivevano in lingua latina, mentre la povera gente aveva un idioma proprio, derivato da parole tedesche, francesi, latine. Sorse così il friulano, con una differenza tra accenti e vocaboli tra borgo e borgo. A Frisanco erano sul territorio dell'antica, nobile famiglia dei conti Fanna e Polcenigo de Brandolini, alla quale appartenevano i figli Antonio e Carlo Teofilo. Il primo notaio, il secondo, dottore di filosofia e ambo le leggi. La cultura quindi era solo prerogativa, condizione speciale dei nobili. Sui loro libri, esistenti negli archivi parrocchiali, possiamo trovare un po' di storia del passato, il progresso molto lento della povera umanità. Su di un registro di nascite, il primo del borgo di Frisanco perché i nati prima venivano registrati nella Chiesa di S. Martino di Fanna, troviamo scritto: Principiano i batezati sotto la cura di me Pr. Carlo Teofilo dell'antica famiglia dei Bartolini dottore di filosofia e ambo le leggi, die 4 Xmbris ano D.ni 1680.
Inizia il registro in latino e ne riportiamo uno: «Joannes Andreas filius legitimus ac naturalis Danielis q. Bernardis de Bernardo et Maria q. Leopardi de Michiele uxoris, hodie natus me Pr. GioCarolus Theopholus Parochus saevis Captismatis aquis ablatus fuit, ad sacrum fontes tenente Jacobo q. Micaelis de Luisa - die 10 mag. 1682».
Con lo sviluppo e l'insegnamento della lingua italiana da parte del nobile parroco ai camerari vennero registrati poi i neonati in italiano, ma con una precisione tale ed una calligrafìa così leggibile da rimanere meravigliati. Era un parroco nobile, ma soprattutto nobile d'animo. I neonati continuarono ad essere iscritti sui libri della parrocchia fino al 19 agosto del 1871. Con il nuovo codice civile del Regno d'Italia i Sindaci ebbero l'incarico di ricevere le dichiarazioni di nascite, morti, matrimoni. Si formò così, in municipio, l'ufficio di stato civile. I parroci continuarono a registrare: matrimoni, morti, ma non le date di nascita, sui battesimi. Possediamo, per fortuna, l'avviso originale che pubblichiamo a conoscenza di tutti. (Angelina Tramontina)

Informazioni tratte da L'ECO DELLA VAL CÒLVERA, il Bollettino parrocchiale delle comunità di Frisanco, Poffabro e Casasola.