curiosità di ieri e di oggi

BEPI TITIN
(di Lorenzo Padovan) 

Solitamente i monumenti ricordano grandi condottieri, personaggi storici, amministratori e preti: gente che ha fatto la storia delle nazioni. A Poffabro di Frisanco, invece, ne è stato recentemente inaugurato uno che ritrae semplicemente il campanaro del paese. Si tratta della statua dedicata a ricordare la memoria di Bepi Titin campanaro, indimenticabile sagrestano della parrocchia di Poffabro, un personaggio di qualche lustro fa.

Proveniva da una famiglia molto povera che viveva con grande dignità con quel poco che poteva permettersi e seppe ben presto conquistare il cuore dei suoi compaesani con le sue doti di bontà e umiltà, di pazienza e gentilezza. La miseria in cui era nato e cresciuto gli aveva insegnato ad accontentarsi del minimo indispensabile ed aveva forse contribuito a creare quel legame di grande affetto che lo univa alla sua famiglia. La fumosa cucina della sua casa era un po’ il ritrovo dei compaesani: lì si godeva della compagnia e dell’allegria di Bepi Titin, nonché dei suoi racconti. La sua "s" trascinata era inconfondibile e strappava un bonario sorriso in chi lo ascoltava, così come lo distingueva anche la sua caratteristica andatura: lento e un po’ goffo, gerla in spalla girava per i borghi e si fermava a salutare tutte le famiglie dalle quali era coccolato e sempre ben accetto.

Era analfabeta, ma ricordava perfettamente gli onomastici di ognuno e si recava nella casa del festeggiato per fare gli auguri con un mazzolino di fiori di prato, a volte anche un poco appassiti, ma che venivano sempre accettati con gioia. Bepi andava molto fiero del suo lavoro: era per lui un vanto essere l’unico ad avere l’importante compito di custodire le campane. Nelle notti estive di temporale si precipitava fuori di corsa, scalzo e senza ombrello, per far suonare le campane in modo da rompere le nuvole con il loro suono per impedire che la grandine rovinasse il lavoro di quegli uomini che avevano lavorato i campi e coltivato la vite.

Oltre alla custodia delle campane della chiesa di Poffabro si occupava, insieme ai suoi fratelli, di tenere in ordine il cimitero del paese.

Quando si recava in chiesa indossava gli abiti "della domenica" con tanto di cravatta e faceva il segno della croce più e più volte, diceva, anche per coloro che non lo facevano mai.

Tutti ricordano la sua proverbiale puntualità: alle otto precise, per ben venticinque anni, ha caricato le lancette dell’orologio del campanile. La sorte, ironica e beffarda, ha voluto che Bepi Titin morisse proprio lo stesso giorno in cui vennero elettrificati le campane e l’orologio della chiesa di Poffabro. Il funerale fu grandioso, con sette ghirlande di fiori, una per ogni borgata, a testimonianza della sua popolarità e dell’affetto che la gente nutriva per lui.

Per ricordare questo personaggio caratteristico della Val Colvera, da circa due mesi è stata sistemata, nella piazza antistante la chiesa di Poffabro, una bella statua, opera gratuitamente realizzata dallo scultore e pittore Antonio Roman, che ritrae il Quasimodo di casa nostra con la sua inseparabile gerla.

Le gesta di Bepi Titin sono anche narrate nella recente pubblicazione "Val Colvera, uomini e storie" di Angela Tramontina, a cura di Anna Vallerugo.