nuove dal friuli e dal mondo

Gradisca d'Isonzo, 3 Aprile 2016
Esterno ed interno del Nuovo Teatro Comunale


...panoramica sul piazzale del raduno...


...alle ore 10.33 i labari e la banda si stavano preparando per formare il corteo,
poco prima che la bandiera con l'aquila del Friuli (già pronta) fosse srotolata...
...ma noi si siamo ritirati per avvicinarci al Duomo...



...sosta in ascolto dei "scampanotadôrs del gurizan", prima di entrare in Duomo...

...il servizio sulla messa...

...dopo la messa...


...prima di entrare nel teatro abbiamo notato che la bandiera del Friuli,
era ancora esposta sullo striscione sottostante,
fatto che ha scatenato una serie di incredibili polemiche...


...subito dolo l'inizio dell'incontro il solito passaggio della bandiera,
in questa occasione dal rappresentate di Cividale al Sindaco di Gradisca d'Isonzo,
che la custodirà fino all'anno  prossimo...


Leture de Bole dal Imperadôr Indrì IV
par cure de Compagnie Filodramatiche di Sante Marie di Sclaunic...


...sono seguiti vari interventi, tra i più appassionati quello del presidente Pietro Fontanini...


...ma prima del termine ho dovuto ritirarmi per altri impegni pomeridiani...

La Festa del Friuli per costruire l’Europa dei popoli
(William Cisilino - Messaggero Veneto)

          Ogni ricorrenza è un’invenzione, un atto creativo che connette all’oggi fatti piú o meno lontani. L’aspetto paradossale di questa operazione è che si dà vita a un’illusione ottica: ci sembra di parlare del passato, ma in realtà parliamo del presente a una platea di contemporanei. Per questo chi sostiene, superficialmente, che il 3 aprile, Festa della Patria del Friuli, è una forma di “invenzione della tradizione”, dice una cosa scontatissima, come il colore del famoso cavallo di Napoleone. È invenzione, si capisce; come lo sono la Festa del 4 novembre, del 2 giugno, del 25 aprile e cosí via. Ciò che conta veramente è come un popolo sceglie le proprie ricorrenze e quale significato attribuisce a esse. Su questo terreno la Festa del Friuli può costituire, a fronte del riemergere dei nazionalismi europei, un esempio positivo di identità inclusiva.
          Friuli, nazione proibita - Se prendiamo in mano quella summa della storiografia positivista che è “La Storia del Friuli” del carnico Pio Paschini, notiamo che al 3 aprile 1077 sono dedicate poche righe (su quasi mille pagine). Potremmo formulare varie ipotesi sul perché, ma senza venirne a capo. Ci è piú utile, credo, evocare il clima degli anni in cui quel libro fu pubblicato: il 1934. Ebbene, esattamente in quell’anno il ministro fascista dell’“Educazione Nazionale”, Francesco Ercole, emanava un decreto per escludere definitivamente le lingue minoritarie dalle scuole. Già da tre anni era sopravvenuto il divieto assoluto per la stampa di usare la lingua friulana. Idem per le funzioni religiose e il seminario. La stessa Filologica, a rischio di chiusura, si salvò solamente grazie al suo presidente, Pier Silverio Leicht, ministro di Mussolini. Con la liberazione, il clima non cambiò di molto nei fatti. Per almeno altri 30 anni al Friuli fu interdetta ogni legittima aspettativa al riconoscimento della propria identità. Poi venne il Terremoto del '76 e i friulani alzarono la testa.
          L’intuizione di Pre Checo - Il piú grande interprete del risveglio morale e politico dei friulani terremotati fu don Francesco Placereani: persona coltissima, appassionata, disinteressata, e, soprattutto, oratore leggendario. Fu egli ad avere l’idea. Ai friulani serviva uno scatto d’orgoglio, una festa nazionale per rivendicare il diritto a mantenere e a sviluppare la propria identità. Ed ecco che quell’episodio che Paschini aveva liquidato come secondario, per Pre Checo diventa la testata d’angolo della rinascita del Friuli. È il 3 aprile 1977, esattamente 900 anni dalla costituzione dello Stato patriarcale friulano, avvenuta a Pavia per mano dell’imperatore Enrico IV. La prima “Fieste de Patrie” si fa ad Aquileia, anche grazie alla macchina organizzativa del Movimento Friuli, ed è vera festa di popolo. Una festa che, per quasi quarant’anni si rinnoverà, con alti e bassi, fino ad arrivare, nel 2015, all’ufficializzazione per legge regionale.
          Una Patria inclusiva - Pre Checo, come su tante altre cose, ha avuto naso. Intanto perché quella data è davvero fondamentale per la nascita del Friuli: è proprio in seguito alla Bolla imperiale del 3 aprile che il Friuli incomincia a essere chiamato sistematicamente “Patria” e a “diventare Patria”, vale a dire un territorio che condivide un “ethos” comune. Inoltre, il richiamo ad Aquileia estirpa alla radice ogni idea identitaria fondata sul sangue. Il Friuli-nazione si fonda sul comune bagaglio di valori dei popoli che lo abitano (friulani, sloveni e tedeschi). È una festa dove sfila la cultura, non gli Schützen. Tutto ciò, nel solco del credo aquileiese. Ecco quindi come un’antica pergamena del Medioevo può aiutarci, oggi, a non cedere alle tentazioni nazionalistiche e a continuare a credere nell’Europa dei popoli.