0-indie.GIF (197 byte).In viaggio ... nella SDRICCA di Manzano
(04/05/99)

     Ricordo che i miei genitori parlavano spesso della Sdricca, ma sebbene questa localita' non sia distante in linea d'aria piu' di 3 o 4 chilometri, io non c'ero mai stato.
     Anche se seriamente condizionato nei movimenti da problemi fisici, ho sempre cercato di seguire il miei compagni di giochi in tutte scorribande nel "nostro"  Natisone, ma nella sponda destra non mi ero mai spinto oltre quel tratto di "salet" poco piu' a sud nella chiesa di Orsaria.
     D'altra parte, la localita' preferita dalle nostre tribu' per giocare "di indians", era la cossidetta "isola", dalla quale forse, nell'impeto delle piu' cruenti  battaglie tra "Sioux e Piedi Neri", potrebbe essere partita qualche freccia "poco intelligente" ed essere caduta proprio nel territorio della Sdricca.

     Ritornando con il discorso al punto di partenza, in casa mia si parlava della Sdricca, perche' mia madre, nata nel 1901, prima, durante e dopo la Grande Guerra, abitava ... proprio nella Sdricca.

     Di nome Maria, figlia di Luigi Montina e Filomena Costantini, mia madre era la primogenita di 6 o 7 sorelle. Solo molto piu' tardi e' arrivato il maschio, Giovanni, morto recentemente in Belgio, dopo anni di sofferenze per un grave forma di silicosi conseguente al periodo trascorso in miniera.

     L'ultima femmina, ancora vivente, e' nata proprio durante la guerra e lo testimonia il fatto che si chiama ... Guerrina.
I miei nonni hanno messo al mondo 16 figli, dei quali solo 8 sono sopravvissuti ... ma tutti belli e sani ...!


     Piu' di una volta mia madre raccontava l'episodio del viaggio verso il Piave per sfuggire dall'avanzata dei soldati austriaci dopo i fatti di Caporetto, con tutta la numerosa famiglia caricata su un carro trainato da ... due mucche.
     La velocita' di crociera non dovrebbe essere stata molto elevata, tanto che arrivati in prossimita' del Piave, hanno dovuto fare dietro-front perche' i ponti erano gia' stati fatti saltare.
     Ricordava l'arrivo dei soldati austriaci, che peraltro non hanno torto un capello a nessuno della famiglia. Anzi, spesso raccontava l'episodio di un soldato che si era innamorato di lei e gli diceva: "Maria, quando la guerra sara' finita, ritornero' a prenderti e ti portero' in Boemia, la' andremo a sposarci su un calesse trainato da due cavalli bianchi" ... e schioccava la lingua come per incitare al galoppo i cavalli ...! Al momento di essere trasferito sul fronte del Piave, diceva a mia madre: Piave kaputt ... Piave kaputt ...!  Dopo la sua partenza, mia madre non ha piu' avuto notizie di quel soldato ...


     Mentre scrivo queste righe, mi ha preso un groppo alla gola che mi costringe ad interrompere ...

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     Riprendendo il discorso, interrotto per ... problemi tecnici, oggi ho deciso di andare nella Sdricca.
     Mi servivano alcune fotografie per inserire in una seconda pagina su Manzano. Nel libro che mi hanno gentilmente messo a disposizione, oltre al testo avrei  anche una buona documentazione fotografica, ma io quando posso, cerco di utilizzare immagini prodotte personalmente.
     Nei giorni scorsi mi ero informato sul modo per arrivarci, dato che la vecchia strada che da Manzano costeggiando il Natisone porta alla Sdricca e'  interrotta da una frana. Oltretutto, anche se cio' non fosse accaduto, arrivare nella Sdricca era sempre difficile, dato che essendo proprieta' privata, il portone di accesso era quasi sempre chiuso. Mi avevano pero' suggerito di tentare attraverso un'altra strada, anch'essa privata, alla quale si accede dalla "Sgiavana", la strada che da Manzano porta ad Orsaria. Anche con un po' di fortuna, ho subito individuato l'entrata e fingendo di non aver visto il cartello sono entrato passando sulla catena sciolta e buttata per terra alla quale era stato tolto il luchetto. Dopo un ripida discesa, davanti a me si e' aperto un'ampio spiazzo coperto di pioppi e piu' in la' una serie di lunghissimi filari di viti.
     Dopo qualche centinaio di metri sono arrivato nei pressi di quello che resta della "Casa Rurale di Sdricca di Sopra" dal quale partivano gli Arditi per le loro incursioni nei punti piu' pericolosi del fronte. Parcheggiata la mia "127" non molto distante da un'automobile che li' sostava, ho incominciato a scattare qualche foto sotto lo sguardo sospettoso di due operai, uno dei quali si era abbassato fin sotto le ancora piccole foglie dei filari, per poter osservare meglio quello che stavo facendo. Ho fatto "ciao" con la manina ed ho riavviato l'auto per avvicinarmi di piu' a quelle vecchie mura ormai in rovina e con il tetto completamente crollato.

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Casa rurale di Sdricca di Sopra

     L'altro casolare a circa mezzo chilometro piu' a sud, chiamato "Casa forte di Sdricca di Sotto", per fortuna e' in migliori condizioni e con il tetto che sicuramente ha avuto dei rifacimenti in epoca abbastanza recente.

     Per pura curiosita' ho proseguito la strada in direzione di Manzano fino al punto dell'interruzione e ho visto che la carreggiata e' proprio interamente coperta dalla massa franosa che, nel suo cammino, ha proseguito fino nel greto del fiume. Ho dovuto procedere per un tratto in retromarcia, fino a trovare uno spiazzetto per eseguire la manovra di inversione per ritornare a Sdricca di Sotto e di Sopra.

     Girando intorno a quelle vecchie costruzioni, tra un click della mia gloriosa Pentax e l'altro, cercavo di indovinare in quale casolare avesse vissuto e cercavo di immaginare in quale ambiente fossero sbocciati i primi sogni da giovinetta di mia madre. Sicuramente, in quell'ambiente abbondava ... la poverta' ... ed il livello d'istruzione scolastica era molto basso ! Non son sicuro se mia madre avesse frequentato solo la 1º o anche la 2° classe elementare, ma ricordo come fosse oggi che scriveva la sua firma molto lentamente e la sua calligrafia era come quella di un bambino che ha appena iniziato la scuola. Dovrei conservare ancora dei calendari dove mia madre scriveva degli appunti, nei quali si poteva leggere per esempio:
"menata cunina", oppure "seminato radichio", ecc ...  Nonna Filomena, che negli ultimi anni della sua esistenza aveva vissuto anche in casa nostra, spesso mi elencava i nomi di molti paesi della "bassa furlana" che conosceva bene, perche' periodicamente ci andava a chiedere l'elemosina.
    Non sono in grado di ricostruire esattamente la sequenza, ma so' che nonno Montina con tutta la numerosa famiglia, aveva traslocato piu' volte. Per un periodo avevano vissuto nel "Borc di Tinet", ma poi sono ritornati in una casa, sempre nella Sdricca, ma in posizione piu' elevata, un casolare con una denominazione particolare, che sarebbe indelicato nominare in queste pagine.

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Casa forte di Sdricca di Sotto

     Guardando quelle finestrelle rivolte verso nord, cercavo di immaginare mia madre che scostava le tendine per vedere se arrivava quel bel giovanotto alto con il folto ciuffo di riccioli neri che veniva da Leproso, quel meraviglioso paesino aldila' del fiume.
      Pensavo a tutte le volte che mio padre aveva dovuto attraversare il Natisone con i vestiti in mano, perche' il ponte era stato spazzato via dalla piena e non voleva sprecare minuti preziosi per fare il giro per Manzano o per Premariacco.
     Immaginavo la faccia di mia madre quando, sentendo bussare e aprendo la porta, si e' trovata di fronte mio padre tutto bagnato ed intirizzito dal freddo, perche' era scivolato ed era finito completamente in acqua.

     Tutti flash che confusamente mi son passati per la mente e solo ora amaramente mi pento di non aver prestata piu' attenzione quando sentivo raccontare queste storie.  Con un profondo rimorso nel cuore ho ripreso piano piano la strada del ritorno e, mentre la mia vecchia "127" arrancava con fatica per superare la ripida salita per riportarmi alla "Sgiavana" , continuavo a chiedermi perche' ci si accorge solo quando e' troppo tardi di quante buone occasioni nella nostra vita abbiamo sprecato.


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