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Gradisca d'Isonzo (GO), 14 Settembre 2008
Chiesa dell'Addolorata

Gradisca d'Isonzo
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     Il toponimo di Gradisca, comune nella regione, ha probabilmente origini slave: gradišče ("luogo fortificato") e per estensione, poi, mutato col significato di paese, forte o castello. Secondo altre fonti, invece, il nome del paese potrebbe avere origine gotica o longobarda: warda, o wardicula (con influenze latine), cioè "piccolo posto di osservazione".
Il primo documento, ancora oggi conservato, che parla dell'abitato risale al 1176 e descrive Gradisca come un villaggio agricolo di sette famiglie, alcune di origine slava altre di matrice latina, sottoposte alla giurisdizione del Patriarca di Aquileia.
     La storia tace per i successivi trecento anni, giungendo sino al 1420 quando la Repubblica di Venezia annette il Patriarcato di Aquileia e di conseguenza anche Gradisca nel 1473.
     La città è parte dello stato veneziano dal 1479 al 1511, periodo in cui viene consolidata attraverso una rifondazione della stessa, ora infatti veniva concepita come un baluardo di difesa della Serenissima (e della cristianità) contro i turchi. La Repubblica di Venezia, infatti, aveva da poco occupato il Friuli e si apprestava a organizzare il territorio in difesa dei propri domini. Così facendo, nel giro di poco tempo, il borgo agricolo si fortifica ed acquisisce importanza a tal punto che sembra che, nel 1500, Leonardo da Vinci si porti proprio a Gradisca (per incarico del Senato Veneto), per mettere a punto nuove armi e sistemi di difesa dell'avamposto.

     Nel 1511, i lanzichenecchi di Massimiliano I prendono possesso della fortezza: da questo momento Gradisca diventa imperiale. Dal 1615 al 1617 Venezia tentò di riprendere il controllo del territorio, dando inizio alla Guerra di Gradisca: gli austriaci riuscirono a resistere agli attacchi veneziani e al termine della guerra Gradisca diventò capitale della nuova Contea di Gradisca, che in seguito sarà venduta da Ferdinando III, per far fronte alle spese della Guerra dei Trent'anni, al principe Giovanni Antonio di Eggenberg.
     Tra il 1647 ed il 1717, sotto i Principi di Eggenberg, Gradisca vive il suo periodo d'oro: l'abitato si arricchisce di palazzi e di istituzioni pubbliche. Il piccolo Stato, amministrato da uomini di valore come Francesco Ulderico della Torre (discendente dalla famiglia dei Torriani, signori di Milano), ha una propria autonomia anche in materia legislativa, monetaria e di mensura. Nel 1717, con l'estinzione della linea maschile del casato degli Eggenberg, la contea tornò ad essere asburgica.
     Nel 1754, sotto il governo di Maria Teresa d'Austria, la città e il suo territorio vengono fusi alla Contea di Gorizia, venendo a formare una nuova entità statale: la Principesca Contea di Gorizia e Gradisca.
     Nel 1855, il feldmaresciallo Radetzky, governatore del Lombardo-Veneto, consente l'abbattimento di parte delle mura della fortezza, accogliendo una richiesta dei cittadini per dare alla città maggior respiro: nel 1863 viene così creata la "Spianata", un pregevole luogo di ritrovo che dall'inizio del XX secolo si arricchirà di splendidi caffé e locali alla moda.
     Nel 1914 scoppia la Prima guerra mondiale: i gradiscani vi partecipano sotto l'uniforme austro-ungarica, principalmente sul fronte orientale, molti disertano e fuggono verso l'Italia per sfuggire l'arruolamento o per motivi ideologici e nazionalistici. Durante la ritirata di Caporetto la città viene data alle fiamme subendo gravi danni. Al termine della guerra, il 6 gennaio 1921, la città viene annessa all'Italia.
     Nel maggio del 1945, al termine del secondo conflitto mondiale, la comunità gradiscana teme l'annessione alla Jugoslavia di Tito, ma il 12 giugno dello stesso anno un nuovo compromesso tra lo stato socialista e quello italiano mantengono la sovranità italiana sul territorio.

Santa Messa Solenne
e benedizione del ritratto di don Giovanni Battista Coassini
con la Corale San Marco di Mossa (che ha eseguito la Missa Pontificalis di Lorenzo Perosi)



 CAMPANE


         
 CANTO E SALUTO D'INIZIO



 OMELIA DI DON MAURIZIO QUALIZZA



 CANTO


Prima della benedizione finale, al Presidente della Corale San Marco di Mossa che ha accompagnato
la Messa, è sta consegnata una serigrafia con un'antica immagine della chiesa dell'Addolorata... .


è seguita la benedizione del quadro con l'immagine di don Giovanni Battista Coassini,
che con l'imponente crocifisso che si vede in primo piano, saranno installati
nel vicino oratorio di imminente inaugurazione, che porterà il suo nome...


...Al termine della Messa...



...mentre il coro e l'intera assemblea cantavano un inno alla Croce,
grandi e piccini hanno imitato don Maurizio nel bacio al Sacro Simbolo...

Durante la lettura degli avvisi era stata annunziata la presentazione del volume
"Giovanni Battista Coassini, sacerdote del Collegio Germanico-Ungarico"
del quale vi daremo informazioni in un prossimo servizio...

Chiesa dell’Addolorata
(Testo a cura di Andrea Nicolausig)

     L’8 marzo 1481 venne siglato l’atto ufficiale della nascita della chiesa dell’Addolorata, da parte del Senato Veneto. Infatti, a Gradisca, la costruzione della Fortezza era agli inizi e c’era bisogno di religiosi che avessero a cuore la cura d’anime della guarnigione e degli abitanti. Così, il doge Giovanni Mocenigo inviò da Venezia i padri dell’Ordine dei Servi di Maria; a questi fu affidata la realizzazione della Chiesa e dell’annesso conventino. I lavori durarono dal 1481 al 1498 e la chiesa assunse il nome di S. Salvatore. Per agevolare la costruzione della nuova chiesa, il doge Mocenigo aveva chiesto e ottenuto dall’allora pontefice Sisto IV la concessione dell’indulgenza plenaria a tutti coloro che avessero contribuito all’esecuzione dei lavori, tramite elemosina, o con l’aiuto materiale.
     La chiesa fu consacrata nel 1505. Degli altari allora esistenti, ci parla nel Campione Generale, libro manoscritto della chiesa e del convento, redatto nel 1747, padre Gasparo Baldini: “…entrando in chiesa, a mano destra due altari, il primo dei quali fu consegnato in onore di S. Girolamo, Sebastiano e Rocco, il secondo in onore dei Santi Marco, Giorgio e Martino, né quali furono riposte le reliquie dei Santi Felice, e Gerone Martiri…”. L’altare maggiore era invece intitolato a San Salvatore. E da questo particolare sorse un problema: infatti, anche la chiesa più antica (l’odierno Duomo) era dedicata a San Salvatore, e i sacerdoti secolari, incaricati della cura di quest’ultima, pretendevano la primogenitura del nome. Le polemiche durarono a lungo, fino al 1753 per l’intervento dell’arcivescovo di Gorizia mons. Carlo Michele d’Attems che, durante la Visita Pastorale, diede alla parrocchiale il titolo di San Salvatore, ed elevò il parroco di Gradisca a Vicario Foraneo. A parte le vicende sul nome, la storia della chiesa è estremamente lineare. Infatti, rimase affidata ai Padri Serviti fino al 1810, quando, per decreto napoleonico, i frati furono costretti a chiudere il convento e ad andarsene da Gradisca. La chiesa venne spogliata, chiusa al culto e adibita a magazzino. Fortunatamente, la statua dell’Addolorata fu trasportata nottetempo nel duomo, ma l’altare maggiore, gli altari laterali e la pala dei sette fondatori dell’Ordine furono venduti. Quella che vediamo oggi è una copia, mentre l’originale si trova nella chiesa di Porpetto. Nel 1845, chiesa e convento furono acquistati dai coniugi Francesco Giovanni e Angela Coassini, i quali regalano la chiesa alla città. Il 16 settembre 1850 ci fu la riconsacrazione e la domenica seguente avvenne il trionfale trasporto dell’effige dell’Addolorata dal Duomo alla sua chiesa con una moltitudine di persone accorse da tutta la regione.
     La storia della chiesa proseguì senza problemi fino allo scoppio della Prima Guerra Mondiale quando fu adibita a magazzino prima e poi, venne distrutta quasi completamente (a parte i muri perimetrali) da un incendio. Il tetto, l’organo, la bussola, i banchi, persino gli altari, la balaustrata, il pavimento, la sagrestia e la casa attigua furono distrutti dal fuoco. Ben presto, però si avviò la sua ricostruzione, ultimata nel 1923: vennero otturati due finestroni in facciata, e vennero aperte tre finestre sopra la Casa Coassini e una nell’abside a sinistra. Rimase in alto al centro della facciata la grande apertura rotonda che conteneva l’orologio.
     L’altare maggiore è dedicato alla Madonna Addolorata. Entrando a destra troviamo l’altare dal 1548 dedicato a San Giuseppe (in origine intitolato a San Girolamo, Sebastiano e Rocco); più avanti c’è l’altare intitolato dal 1940 a Sant’Antonio (prima dedicato alla Vergine del Rosario e in origine a Santa Maria della Misericordia). A sinistra, appena entrati c’è l’altare di Santa Rita (un tempo della Beata Vergine Concetta e originariamente di sant’Antonio Caterina e Lucio). Ancora più avanti l’altare che dal 1940 è dedicato ai sette padri fondatori dell’Ordine (in origine intitolato a San Marco, Giorgio e Martino e dal 1603 ai Dolori di Maria, patrona di Gradisca).

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Gradisca d'Isonzo, 14 Settembre 2008
Chiesa dell'Addolorata
 
Santa Messa Solenne
 
Accompagnata dalla Corale San Marco di Mossa
 (con la Missa Pontificalis di Lorenzo Perosi)
 

01 2.10 Campane
02 2.49 Canto d'ingresso
03 1.16 Saluto del parroco
04 4.01 Kyrie
05 6.37 Gloria
06 2.33 Letture
07 1.27 Alleluia
08 8.25 Omelia di don Maurizio Qualizza
09 3.09 Canto
10 4.11 Sanctus
11 0.29 Mistero della fede
12 1.42 Agnus Dei
13 4.25 Canto
14 3.40 Canto
15 2.10 Ti saluto o Croce Santa
16 2.24 Appendice organistica