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Bagnarola di Sesto al Reghena, 11 Maggio 2008

Biel lant a Messe nell'antica Pieve di Tutti i Santi in Bagnarola



 CAMPANE

PIEVE DI TUTTI I SANTI DI BAGNAROLA - www.prosesto.org
La chiesa parrocchiale di Bagnarola risale al 1300, ma ha subito nel corso dei secoli numerose ristrutturazioni e addizioni in particolare quella del rifacimento ottocentesco (1895-1899) che ha comportato la foratura delle pareti per aprire le due navate laterali con cappelle e la edificazione della attuale zona presbiterale con cupola.
All’interno sono conservate preziose testimonianze delle vicende più antiche della Pieve, quali il cinquecentesco Crocifisso ligneo, la vasca in pietra del fonte battesimale (inizi XVI sec.) e il pregevole affresco con la Pietà di Pomponio Amalteo (1540 ca.), posto ora sulla parete della navata destra. Interessanti esempi dell’arte più recente sono invece l’affresco del soffitto del friulano Fabris raffigurante S. Giovanni Evangelista che contempla la Gerusalemme celeste (sec. XIX); la decorazione della cupola con angeli musicanti dipinti in stile Liberty, un unicum per gli edifici religiosi; l’organo del Bazzani (recentemente restaurato) e il portale bronzeo dello scultore Boatto.



 CANTO D'INIZIO



 CANTO



 CANTO FINALE

Chiesa di Tutti i Santi in Bagnarola, o della continuità
Gian Carlo Stival
 


Estratto dal volume "La Pieve di Tutti i Santi in Bagnarola"
edito a cura della Parrocchia di Bagnarola nel 1996

     In una Breve Relazione intorno alla Parrocchia di Bagnarola per la Visita Pastorale dei giorni 4-5-6 Settembre 1874, indirizzata al Vescovo di Concordia Pietro Cappellari' l'Arciprete di Bagnarola don Antonio Cicuto così sintetizzava le vicende dell'edificio sacro: "La Chiesa Parrocchiale intitolata a Tutti i Santi, di costruzione immemorabile, ristaurata e allungata di qualche metro alla facciata nel 1848, celebra per antico uso la sua Dedicazione la Prima Domenica di Giugno". È una notizia estremamente scarna, che conferma però i dati d'archivio, almeno dal secolo XVI in poi. La parrocchiale di Tutti i Santi appare sempre uguale e sempre al medesimo posto, nel centro della Villa, con il proprio campanile, circondata dal Cimitero. Non si brilla certamente per fervori edilizi, almeno fino all'accennato intervento del 1848, ma tutto vi si compie su una linea di moderata conservazione e continuità.

     Le notizie sulla chiesa dei secoli passati, dal 1500 in poi, vengono soprattutto dai verbali delle visite pastorali compiute dai vescovi di Concordia o dai loro vicari. Non sempre l'interesse del visitatore si accentrava sull'edificio, e quando lo riguardava, più spesso c'era la preoccupazione di verificare l'ottemperanza a norme riguardanti particolari (posizione della pietra sacra sull'altare, collocazione del sacrario, copertura del battistero...) più che l'edificio sacro in sé. Infatti il primo verbale di visita pastorale a noi pervenuto, del 19 giugno 1518, riguarda i beni mobili della chiesa, e non d'edificio o gli altari; stessa preoccupazione manifesta il vicario del vescovo Pietro Querini il 30 marzo 1552 interessato più ai canoni d'affitto e di livello che la chiesa doveva incassare che ad altro; analoghe le visite del 1555 e del 1579.

     Il visitatore apostolico Cesare de Nores, il 17 ottobre 1584, appare più interessato alla chiesa, ed ordina alcuni interventi strutturali. La chiesa ha cinque altari; il maggiore (dedicato a Tutti i Santi) è consacrato; ci sono poi: l'altare del Santissimo Sacramento, consacrato, quello di sant'Agata, consacrato, e quelli di sant'Antonio abate e della Beata Maria, non consacrati. Il Visitatore ordina la demolizione degli altari di sant'Antonio e della Madonna, e il trasporto delle pale e dei rispettivi titoli agli altari del Sacramento e di sant'Agata, previo trasferimento del Santissimo all'altar maggiore, in linea con la nuova sensibilità tridentina. Ordina inoltre di costruire il pulpito, di provvedere i cancelli per il fonte battesimale, e di riparare la chiesa dove c'è bisogno: segno evidente che la chiesa aveva una certa età. Trasferito il Santissimo all'altar maggiore, fu necessario adattare l'altare del Sacramento per accogliere sant'Antonio abate, in cornu Evangelii, a ridosso del muro a sinistra dell'apertura dell'arco trionfale. In quell'occasione si coprì la pala del Santissimo, riscoperta poi nel secolo scorso, e infine, nel 1899, trasferita nella controfacciata della navata destra. Quella pala altro non era che l'affresco di Pomponio Amalteo raffigurante la Pietà, l'immagine della Vergine che accoglie il Figlio deposto dalla croce.

     Matteo Sanudo I, il vescovo riformatore per eccellenza, con i suoi verbali di visita completa, un po' alla volta, l'immagine della chiesa: il tabernacolo, sull'altar maggiore (già il 13 settembre 1586), è in legno dorato; il battistero è posto in luogo elevato ed è ben tenuto; vi ordina un coperchio di legno; c'è un armadietto per gli olii santi accanto all'altare maggiore, e c'è una sacristia ben fornita di argenteria e paramenti. Problemi invece presenta la canonica trascurata dal vicario, che viene perciò sospeso a divinis. Gli altari della Madonna e di sant'Antonio sono a posto; il maggiore ha, invece, perso la consacrazione, perché era stata rimossa la mensa, ed erano state asportate le reliquie. Il vescovo ordina che si riconsacri e che si faccia anche un confessionale. Il vicario Valerio Trapola il 29 aprile 1597 trova che l'altar maggiore non è stato ancora riconsacrato, e insiste con l'ordine; comanda inoltre che si provvedano un coperchio piramidale al sacrario (il luogo di scarico di tutto ciò che aveva avuto rapporti con il sacro, dall'acqua battesimale agli olii, alle eventuali ceneri di immagini sacre bruciate), una caldiera per il battistero, che si sistemi e dipinga il travo che sosteneva il Crocifisso sotto l'arco trionfale, e si intervenga sul pavimento e sulla fine­stra della sacristia.

     Cose regolarmente non eseguite; e tre anni dopo, il 7 giugno 1600, il vescovo minaccia d'interdetto il cameraro e di sospensione a divinis il curato se non eseguiranno quanto precedentemente comandato; insiste sulla riconsacrazione dell'altare e ordina di intervenire sul tetto della chiesa, perché non piova dentro.

     Il 22 agosto 1618 "sua Signora Illustrissima ha visto che le cose or­dinate nell'ultima visita dell'anno 1606" - di cui non è rimasto verbale - "spetialmente della sacristia, del Fonte Battesimale, et santuario non sono state in alcuna parte essequite, sotto pretesto che non siano stati dinari di poter fare esse spese", e allora rincara la dose: non solo si faccia quanto precedentemente ordinato, ma la "sacristia, che è in loco basso, humido, et piccola, sij rifatta appresso il choro, dalla parte di mezo giorno, di congrua grandezza". Il 21 aprile 1625 l'altare maggiore aspettava ancora la consacrazione, il battistero non era stato por­tato vicino al muro come ordinato, ed il sacrario non era stato trasferi­to "nel canton della chiesa"; inoltre il vescovo ordina che si sposti di una quarta la pietra sacra dell'altare di sant'Antonio.

     L'arcivescovo Benedetto Cappello il 13 maggio 1648 interviene ordinando il restauro del tabernacolo, sospendendo l'altare maggiore finché non si saranno eseguite le prescrizioni precedenti, e prescrivendo la rimozione dell'immagine della Madonna dal suo altare; inoltre da disposizione perché sul pulpito sia collocata la croce con il Crocefìsso". Il 17 maggio 1655 il Visitatore non ordina nulla, se non che si ponga una grande croce nel cimitero, e di rinforzarne il muro nell'angolo verso la pubblica via; segno che finalmente le prescrizioni riguardanti altare maggiore, battistero e sacrario erano state eseguite. Il 18 maggio 1663 monsignor Cappello è di nuovo a Bagnarola, la cui chiesa trova relativamente a posto; ordina di dorare e adornare il tabernacolo, di dorare le ali della pala e il paliotto dell'altar maggiore, e di sistemare le scale del campanile.

     Il vescovo Agostino Premoli visita la chiesa d'Ognissanti di Bagnarola il 2 giugno 1670; ordina di sistemare l'immagine di sant'Antonio, di innalzare la croce in cimitero; nel campanile trova i falegnami al lavoro per sistemare le scale.

     Il 31 dicembre 1683 il visitatore incaricato da mons. Premoli, lo scolastico Ventura de Venturis, ci informa che in chiesa ci sono l'altare maggiore, quello di sant'Antonio abate e quello del Santissimo Rosario, nel quale c'è la pratica di recitare il Rosario, come da documento datato Roma 21 maggio 1682; per il momento non si parla più dell'altare della Madonna (Annunziata). Il visitatore delegato, Daniele Campanili, il 10 novembre 1689, trova più o meno tutto in ordine: parla dell'altare maggiore, di quello di sant'Antonio e di quello dell'Annunziata; non fa cenno dell'altare del Rosario; per il cimitero raccomanda almeno una croce di legno.

Il pievano di San Stino, Pietro Manzoni, su delega di mons. Premoli, compie la visita a Bagnarola il 12 agosto 1690; nel verbale si parla di tre altari (maggiore, sant'Antonio e san Sebastiano, Beata Maria Vergine del Rosario), tutti e tre con confraternita annessa. Ordina di portar fuori della chiesa i banchi vecchi, indecenti e piccoli, di sistemare e rifare il tetto della chiesa, e di erigere la famosa croce in mezzo al cimitero.

      Il nuovo vescovo Paolo Vallaresso, l'anno stesso del suo arrivo in dio­cesi, visita il 21 ottobre 1693 la parrocchiale di Bagnarola e ci informa di un movimento devozionale in atto, che porterà all'erezione di due nuovi altari: all'atto della visita, in chiesa ci sono l'altare maggiore dedicato a tutti i Santi (con confraternita annessa, quella del Santissimo Sacramento), l'altare di sant'Antonio abate (con due confraternite, quella di sant'Antonio, e quella - nuova - della Beata Vergine della Cintura), e l'altare della Beata Vergine del Rosario, già dell'Annunciazione (con due confraternite: del rosario e dell'Annunziata); anche monsignor Vallaresso si occupa della croce in cimitero, almeno appesa al muro della chiesa, perché vi sia un segno che indichi il luogo sacro. Ma intanto, nel 1701, Antonio Francesco Zamolo aveva dipinto quella che sarà la pala dell'altare della Madonna della Cintura, raffigurandovi in alto fra i santi Agostino e Monica, ed in basso san Giovanni Battista, patrono dell'ordine agostiniano, e san Nicola da Tolentino, il più rappresentativo e conosciuto dei santi dell'ordine. Dell'eventuale nuovo altare non si parla nel verbale di visita del 9 settembre 1700, mentre in occasione della visita dello stesso vescovo Vallaresso del 20 settembre 1705 gli altari risultano essere quattro: il maggiore, con il tabernacolo di legno esternamente dorato, quello della Beatissima Vergine del Rosario o dell'Annunciazione, quello di sant'Antonio abate e quello che si erige in onore della Beata Vergine della Consolazione (o Madonna della Cintura), tutti e quattro sono mantenuti o da redditi propri o da elemosine; il vescovo inoltre raccomanda di ripulire l'altare della Madonna del Rosario e dell'Annunziata dalla sporcizia: segno evidente che la convivenza fra le due confraternite non giovava alla cura dell'altare stesso. Tra l'altro, le diverse divozioni comportavano le relative processioni mensili: due la prima domenica del mese (Rosario al mattino, Annunziata il pomeriggio), sant'Antonio la seconda, il Santissimo la terza, la Madonna della Cintura la quarta, "poi l'altre commandate da Santa Chiesa".

     Fra Giacomo Maria Erizzo, vescovo di Concordia dal 1724, visita Bagnarola il 13 ottobre 1726: la chiesa ha i quattro altari del 1705, ed il presule appare preoccupato molto della posizione delle pietre sacre sugli altari, delle grate dei confessionali, della ridipintura dei banchi.

     Il 9 ottobre 1765, in occasione della visita di monsignor Alvise Maria Gabrieli troviamo cinque altari: il maggiore (dichiarato privile­giato con decreto di papa Clemente XIII, con la confraternita del Santissimo Sacramento); a sinistra, guardando l'altar maggiore, i due altari di sant'Antonio e dell'Annunciazione; a destra l'altare "della Beata Maria Vergine sotto il titolo dei Cinturati" (con confraternita) e quello del Rosario, sul quale c'è un tabernacolo che serve da repositorio, o, come si disse poi, Sepolcro; sulla porticina di questo tabernacolo c'è un'immagine che il vescovo ordina di togliere; nella stessa occasione viene ordinato di appendere sopra il tabernacolo sull'altar maggiore un "conveniente Baldachino per la dovuta venerazione al Divin sacramento" (la Corona, dalla quale si faceva scendere poi il grande damasco rosso), che in sacrestia si procuri un lavello decente e che vi si conservi un solo Crocifisso. Verso la fine del secolo, poco è cambiato all'interno della chiesa; il vescovo benedettino Giuseppe Maria Bressa vi trova i soliti cinque altari, con le rispettive confraternite; di nuovo c'è il tabernacolo che è di marmo, con due porticine. Il parroco don Livio Bucchetti in una sua relazione del 1781 insiste sulla mancanza di documenti relativi alla fondazione della chiesa, e afferma: "Dalle Croci ch'esistono in essa si presume consecrata né si ha traccia del tempo: nella prima Domenica di Giugno si celebra la Consecrazione".

     Un accurato ed elegante disegno del pubblico perito e notaio Carlo Peloi di San Vito nel Catastico del 23 giugno 1800 presenta la chiesa d'Ognissanti così com'era stata per secoli, forse - dalla tipologia - dal '400, e come sarà fino al 1848: navata unica, con presbiterio leggermente più stretto della navata, sacristia a sud del presbiterio, due cappelle laterali sporgenti a metà circa della nave, due ampie monofore ed una porta sulla parete meridionale, porta principale ad occidente, verso il campanile; una grande finestra rettangolare (relativamente recente) nella parte alta del muro absidale a levante. Il cimitero è tutto intorno alla chiesa, con due entrate in corrispondenza delle porte della chiesa, delimitate ciascuna da due pilastrini. A sud, in corrispondenza dell'attuale triangolo in cui insiste il monumento ai Caduti, la piazzetta. Il campanile è l'attuale: le case accanto al campanile sono della confra­ternita di sant'Antonio abate, così come i terreni retrostanti e l'attuale parcheggio (ad eccezione di un piccolissimo lotto di proprietà del Comune); pure della confraternita di sant'Antonio sono tre casette sul sito dell'attuale Delegazione Municipale, ad est della casa canonica.

     Mons. Carlo Fontanini il 5 ottobre 1829 troverà quasi tutto regolare, ad eccezione dei banchi, che gli appaiono indecentes et irregulares, e che ordina siano fatti nuovi e della stessa dimensione.

     Nel 1848, essendo parroco don Domenico Brovedani, la chiesa viene "ristaurata e allungata di qualche metro alla facciata", nell'oc­casione del restauro viene scoperto l'affresco di Pomponio Amalteo, la Deposizione dalla Croce, "al fianco sinistro dell'imboccatura dell'abside, già coperto da un altare e dimenticato". La chiesa ha ancora cinque altari, con i medesimi titoli del secolo precedente, se non si vuole sottolineare il fatto che l'arciprete don Antonio Cicuto indica l'altare della Cintura come altare dei santi Agostino e Monica. Il restauro comporta anche la realizzazione del soffitto, sul quale Domenico Fabris di Osoppo dipingerà "una visione dell'Apocalisse, o la gloria dei Santi", immortalando anche il piviale del prezioso paramento in terzo che la chiesa possiede.

     Nella relazione del 28 ottobre 1889 don Antonio Cicuto pasticcia un po' con i titoli degli altari che sono sempre cinque, tutti in marmo: il maggiore, quello della Beata Vergine del Rosario, quello di sant'Antonio abate, quello della Beata Vergine del Carmine e sant'Agostino (che sarebbe quello della Cintura}, e quello di san Francesco di Sales, dal Cicuto stesso sostituito al titolo dell'Annunziata: forse un tentativo da parte dell'arciprete filosofo di ammodernare in qualche modo le devozioni, superando un esasperato culto mariano che vedeva tre altari su cinque dedicati alla Madonna. In occasione del suo giubileo sacerdotale Cicuto chiederà ai parrocchiani di pensare alla facciata della chiesa parrocchiale.

     Nel 1899 il successore di Cicuto, don Antonio Agnolutto, compie quella che per la chiesa di Bagnarola fu una vera rivoluzione: su pro­getto dell'ing. Saccardo alla precedente chiesa vengono sventrate le pareti laterali, formate in qualche modo della colonne, e quindi costruite due navate laterali con due cappelle; due cappelle aperte verso l'altare maggiore affiancano il vecchio presbiterio, viene aggiunto il coro, con due sacristie e un corridoio di raccordo. Il nuovo edifìcio fu consacrato dal vescovo di Padova mons. Giuseppe Callegari, su licenza di mons. Isola, il 28 ottobre 1899. Nella nuova chiesa ancora cinque altari: il maggiore, Rosario, sant'Antonio abate (con l'immagine però di sant'Antonio di Padova, che scalzerà l'antico titolare), Maria santissi­ma dei Fiori (che evidentemente prende il posto dell'Annunziata), la Cintura. La riforma devozionale di don Antonio Cicuto, come tante altre iniziative, con l'introduzione del Culto di san Francesco di Sales, non venne continuata dal nipote don Agnolutto che preferì tornare al precedente. L'affresco dell'Amalteo venne staccato dal luogo in cui si trovava e collocato nella contraffacciata della navata destra a cura dell'Ufficio Regionale per la Conservazione dei Monumenti nazionali. Monsignor Isola il 17 novembre 1905 trovò qualcosa che non fun­zionava anche nella nuova chiesa: la mensa dell'altare della Madonna (quale?) era rotta e doveva essere riparata: ordinò inoltre di togliere la statuetta in gesso di sant'Antonio di Padova (che però ritornerà cresciuto e prenderà il posto del vegliardo Abate) e infine di far sparire il quadro di Don Bosco dalla chiesa (don Agnolutto aveva un legame par­ticolare con il fondatore e la congregazione del Salesiani, e a Bagnarola aveva dato vita all'associazione dei Cooperatori Salesiani, ai tempi del Cicuto, ma poi evidentemente li aveva abbandonati, così come le altre Compagnie istituite dal Cicuto, a favore di organizzazioni più classiche', le Figlie di Maria, la Scuola del Santissimo, e in seguito il Terz'Ordine Francescano).

     La chiesa pievanale d'Ognissanti di Bagnarola affrontava così il XX secolo, abbellita con una decorazione nella zona presbiterale e nella cupola che, nei colori - grigio ed oro - e nei temi, era esaltazione del mistero eucaristico; nessuna rivoluzione interna, se si esclude la comparsa della statua di san Francesco d'Assisi che si piazzava al posto della Madonna del Rosario, destinata a comparire solo in occasione dell'annuale processione. Un intervento riguardò la zona delle gradina­te d'accesso al presbiterio.

     Infine il terremoto del 6 maggio 1976 rivelò impietosamente tutta la fragilità statica dell'intervento Saccardo-Agnolutto del 1899: le colon­ne (brandelli del muro perimetrale della vecchia chiesa, arrotondati con calcinacci e malte) cedettero impietosamente, le navate laterali si staccarono dalla principale, l'arco trionfale si aprì. Incominciava, con tutta la pazienza dei fedeli costretti a soluzioni d'emergenza, prima in Asilo e poi nella sala parrocchiale, un'opera di ricostruzione, più che di semplice restauro, che il parroco don Arduino Michieli volle completata con elementi di prestigio, quali le porte maggiori di bronzo di A. Boatto e il recupero dell'ottocentesco organo. Ed è cronaca dei nostri giorni.